Media e religioni
I cattolici e la televisione
La Rai-Tv inaugura le trasmissioni ufficiali il 3 gennaio 1954, dopo alcuni anni di fasi sperimentali, sotto l’attenta e vigile osservazione da parte della chiesa: due giorni prima, il 1° gennaio, Pio XII inviò infatti una sua esortazione ai vescovi italiani in cui riconosceva il ruolo delle potenzialità, ma anche dei rischi, del nuovo mezzo comunicativo. Si promuoveva, inoltre, una partecipazione attiva dei cattolici. La storia del cattolicesimo novecentesco tocca anche questo tema. È ormai assodato, infatti, che la televisione italiana fu «il motore della politica culturale dei cattolici», ma è anche vero che su tale affermazione, corretta, cominciano ad affiorare crepe, dovute al naturale trascorrere del tempo e all’emergere di nuove fonti, che permettono di precisare meglio le posizioni, i ritardi e le spinte in avanti, di far emergere le contraddizioni e i contrasti che in questo campo si giocarono. Il cantiere intende dunque approfondire alcune linee di ricerca, fra cui 1) l’impegno dei cattolici italiani e statunitensi nell’organizzare il sistema televisivo e la programmazione religiosa nei primi anni Cinquanta; 2) la teletrasmissione della messa; 3) la Rai e il concilio Vaticano II; 4) l’informazione religiosa; 5) la televisione e gli effetti ecclesiologici.
Ci lavora Federico Ruozzi.
Le fonti audiovisive e il papato
Gli anni del pontificato di Giovanni Paolo II hanno mostrato quanto la chiesa fosse ormai entrata nell’agenda dei media e con quale forza lo stesso pontefice ne avesse di fatto beneficiato, tanto da poter parlare di una vera e propria «rivoluzione comunicativa». Se tuttavia la figura di Giovanni Paolo II tende a catalizzare ogni riflessione sul rapporto tra chiesa e media, è anche vero che da Leone XIII, il primo a sperimentare le potenzialità insite nelle immagini in movimento, tutti i pontefici sono stati sotto lo sguardo sempre più indiscreto della cinepresa prima e delle telecamere poi. La televisione darà infatti fin dalle sue origini spazio e risalto in modo preminente proprio alla figura del papa. La società dei media che fa capolino nel secolo XX comincia già dalla fine dell’Ottocento a dare la misura dei suoi effetti imprevisti, problematizzando il rapporto tra chiesa e modernità e cambiando così i rapporti secolari che si erano instaurati tra centro e periferia, tra chiese locali e Roma, tra papa e fedeli, tra chiesa e masse cattoliche.
Fino ad allora, l’unica possibilità per i fedeli di vedere il papa era stata attraverso l’iconografia ufficiale, le immagini fotografiche che cominciavano allora a circolare o le immagini devozionali. Pochi erano quelli che potevano affrontare un viaggio lungo e costoso a Roma. Entra quindi in scena un nuovo veicolo di propagazione della fede con cui tutti i pontefici dovranno confrontarsi e che, in modi diversi, utilizzeranno.
Il cantiere intende dunque rileggere la storia del papato contemporaneo attraverso un punto di osservazione particolare e fondamentale come quello offerto dai mezzi audiovisivi, concentrandosi su 1) l’uso che i papi, da Leone XIII in poi, ne hanno fatto; 2) come i media hanno raccontato i vari pontificati; 3) la mediatizzazione di alcuni eventi (conclave, giubileo, ecc.) e gli effetti ecclesiologici delle riprese.
Ci lavora Federico Ruozzi.