Religione e politica
Martirologio degli oranti
In questo tempo, un segno antico quanto il racconto dell’uccisione di Abele per mano di Caino (Genesi 4) è tornato ad affacciarsi: l’uccisione degli oranti nei luoghi di culto è, infatti, forma suprema del fratricidio e pone un dilemma ineludibile ai superstiti che sono imparentati alla fede delle vittime e a quella degli assassini. Come reagire di fronte a un terrorismo che deliberatamente uccide chi prega? Categorizzando i morti per credo, cosicché ogni fede possa dimostrare un qualche primato del martirio? Limitarsi a una denuncia che rischia di avere il gusto di una retorica autoassolutoria? Ciò che davvero serve è invece un’assunzione di responsabilità, una memoria, una storia, che porti in sé la sapienza necessaria per vedere e dire che davanti alla violenza, credenti e non credenti, siamo fratelli tutti: di Caino, di Abele. La creazione di un martirologio comune, che custodisca nel cuore e nella carta i nomi degli uccisi, mira a questo fine: scambiarsi le voci, nel ricordo e nel pianto, perché in ogni luogo di culto siano ricordati tutti.
Ci lavorano Anna Mambelli, Andrea Amato, Adele Valeria Messina, Amina El Ganadi, Giuseppe Brocato, Francesco Cargnelutti, Alberto Melloni, Federico Ruozzi.
Stati Uniti, Vaticano e cristianesimo evangelicale in America Centrale durante la presidenza Reagan
L’obiettivo della ricerca è di verificare con l’ausilio delle fonti la tenuta di una tesi corrente più ripetuta che accertata sul campo e nei documenti: quella che vuole gli Stati Uniti di Reagan manovratori consapevoli di una grande operazione “sostituzionista” intesa a sottrarre al cattolicesimo il rango di religione di Stato e a fare di un protestantesimo “pentecostalizzato” dai tratti creoli il lievito religioso di una rivoluzione capitalista autenticamente latinoamericana. In questo teorema l’ultima ipotesi da scartare, in quanto cromatismo intermedio tra il bianco e il nero, è quella che sostiene che a provocare la crisi del cattolicesimo e l’espansione del protestantesimo evangelicale non fu tanto il complotto di certi ambienti statunitensi, quanto il disarmo spirituale del subcontinente americano, seguito alla liquidazione della teologia della liberazione di cui seppero approfittare anche le manovre interessate di Washington. L’esigenza di questa ricerca risiede nella possibilità di sagomare meglio un piccolo tassello di un mosaico religioso che proprio l’ascesa spettacolare della componente carismatica e la sua problematica traduzione politica (si pensi al Brasile di Bolsonaro o al Nicaragua dell’ultimo, ingestibile Ortega) hanno reso talmente mobile che da un decennio a questa parte nessun osservatore azzarda al riguardo previsioni di lungo periodo.
Ci lavora Luca Ferracci.
Le relazioni Stato-Chiesa nella Russia postsovietica
Il tema si incentra sullo studio delle relazioni Stato-chiesa nella Russia postsovietica nell’evoluzione che esse attraversano nel tempo. L’attenzione è rivolta alla restaurata sinfonia tra le due istituzioni, ai termini della corrispondenza tra la politica estera della chiesa e quella dello Stato e al modo in cui la chiesa ortodossa russa contribuisce a giustificare la legittimità dell’esistenza di uno spazio postsovietico anche attraverso l’uso di una terminologia che si riferisce al passato sovietico/imperiale. L’analisi della collaborazione tra la chiesa e il Cremlino è condotta dalla prospettiva della missione panslava come strumento di influenza nelle ex Repubbliche dell’Unione Sovietica, in particolare in Ucraina, Moldavia ed Estonia, dove la chiesa promuove attivamente un’agenda morale, spirituale e ideologica che coincide con il conservatorismo ideologico che definisce l’identità della Federazione russa. Con un focus sull’Ucraina, la ricerca intende approfondire i principali aspetti della collaborazione fra la chiesa e lo Stato e confrontarsi con la realtà dei rapporti interortodossi e ortodossi-cattolici, e con il carattere ontologico della caduta dell’Unione Sovietica.
Ci lavora Marianna Napolitano.